Ieri ho ritirato dal fotografo e poi consegnato gli ingrandimenti per il solito concorso fotografico della festa dei marroni cui non ho mai partecipato.
Un paio di foto, “PUBBLICITA’” e “KENT-HAGNESTA HILL”, le ho postate pure sul blog. Le altre sono figlie della mitica nikon del papà… il famoso primo stipendio di mia madre speso per il suo amore…
Alla bibliotecaria e al solito prof in pensione che mi accolgono in biblioteca sono piaciute… brutto segno! Dicono che non immaginavano questa poesia in me… segno ancor più brutto: sta a dire che sono patetiche!
Ho sempre soltanto accarezzato l’idea di iscrivermi in questi 4-5 anni di mie serie riflessioni sulle mie attitudini e mie capacità e ho sempre incartato la certezza della mia comune e banale visione fotografica con la scusa delle scadenze troppo ravvicinate, sempre dimenticate.
È quello che mi ha sempre fottuto: la mia capacità di comprendere che non ho grandi capacità. Non ho talenti sistematici, perciò non sono talenti.
(a. diceva che ero una ventenne atipica, diversa dalle altre – ma mi chiedo se ne avesse mai conosciuta un’altra dei giorni nostri…- “compresa nei tuoi mezzi”, diceva…
Come mio padre le cose mi vengono solo quando sono in vena e, come lui, cerco di imparare a scegliere i momenti migliori per accingermi a fare le cose, così ho il 90% di possibilità di non annoiarmi e di riuscire contro il solito 45%... (n.b.: l’85% di umidità!).
So di aver bisogno di sentirmi viva creando qualcosa. Ne ho la certezza. Ho bisogno di staccare il mio lavoro mentale (non proprio le mie seghe mentali: in quelle mi piace crogiolarmi finché non sto completamente male) e usare le dita, le mani, bruciarmi gli occhi ad infilare perline, riempire crune d’ago, impastare biscotti o cernit… più che sporcarmi le dita o vedere colori, mi piace fare cose effettive, pratiche.
Non so se si capisce.
Mi va bene anche realizzare una copertina di cd incollando ritagli di giornale o foto mal riuscite. Mi va benissimo fare segnalibri che non userà mai nessuno. Progettare collane imbarazzanti, ritocchi a gins che diventerebbero ancor più importabili di quanto siano già… collage che diventerebbero borse asimmetriche, berrettini con orecchie o trecce –ultima ossessione invernale: fare un cappellino di lana con le trecce da vichinga!-, scatole di dash schifosissime che non sostituiranno mai un portagioie se non nella mia torbida fantasia a fiori lavanda, passata di pomodoro, confettura di ciliegie, vestiti di tela a righe e gemelli ricci e biondi che rotolano nel fieno profumato…
Quando il fallimento è troppo palese devo ammettere che mi prende lo sconforto e mi lascio cadere nell’inattività incredula e completamente inerziale. E lascio scorrere il tempo sentendo di aver buttato un altro pomeriggio senza aver concluso nulla e soprattutto senza aver studiato. Poi mi metto i gins e la camicia bianca e vado in pizzeria.
Papà invece non cade mai in fallo e riesce sempre a concludere al meglio tutto. Tutto utile, no cazzate da vanitosa come le mie, oltretutto.
Mi chiedo sempre cosa voglia dire somigliargli visto che non andiamo tanto d’accordo.
Ma vorrei davvero somigliargli e imparare a disciplinare le mie possibilità manuali.
Penso che col tempo, imparando ad apprezzare e a valorizzare la somiglianza le cose miglioreranno molto…
Ma gli somiglio davvero?
In fin dei conti non l’ho mai sentito ruttare.
Allora ho buone speranze di imparare tutto “il buono”.
N.B: vi ho postato quelli di cui parlo sempre, quelli cui voglio sempre più bene.
quello all'estrema dx è nicola -bettiol- che a dir la verità conosco poco e non annovero tra i miei amici purtroppo.
l'altro è Gippo, il bocconiano con la voce grossa, sempre iper fashon e iper caro!
le atre sono la maura -sx- qualche ora prima (e parecchie birre prima) dell'aereo per washington. ester invece è quella iena dell'ingegnere aerospaziale che adora i tamarri e da quando studia a padova parla in dialetto!
la foto è di cellulare.