16 novembre 2007


06 novembre 2007

Cara Pandina con gli zoccoli...

In collegio è tutto uguale, anche le ragazze nuove alla fine sono uguali a quelle che se ne sono andate e io ci faccio sempre meno caso, l’anno scorso mi davo pena di imparare i loro nomi, adesso non c’ho nemmeno pensato, non mi interessa.
Quando avevo per le mani il tuo portatile ho succhiato tutta la tua musica, come una vampira emozionale, avida di capire qualcosa di più. Ora che la vedo scritta, elencata, sul catalogo di media player (che brutte parole) sono impressionata davanti alla discografia completa di Fossati. Spero non ti senta derubata di qualcosa. In effetti io non posso capire cosa provi tu, non so nemmeno cosa ti significano certe cose, però se ti sei classificata minuziosamente ogni canzone, ci sarà il suo perché. Allora l’ascolto, anche se magari mica si sente. Non l’ho indiscriminatamente rubata ed aggiunta alla mia, no. E’ rimasta separata, così quando mi dico “adesso ascolto la musica dell’Elisa” vado nella tua cartella e la osservo, poi scelgo una cosa che non conosco e vedo se piace anche a me, cerco di capire cosa ci senti tu e perché ti piace. Ti dico che Sessa ha visto il tuo elenco e ad alcuni titoli saltava su come un grillo, tutto eccitato: ovviamente lui, da musicofilo collezionista compulsivo maniacale quale è, già aveva il determinato album originale, comprato alla fnac di venerdì pomeriggio, rigorosamente entro la settimana di uscita, però ti ha stimata molto. Ha detto: “La ragazza ne sa. Qua si vede, ne sa.” Io intanto mi stavo scaccolando le dita dei piedi con disinvoltura…
Ti comunico che oggi la Bagi mi ha chiesto il tuo indirizzo e-mail, chissà che non ti scriva qualcosa. Ma dubito.
Anche la Biga dubito trovi il tempo: da quando ieri mi ha risposto ad un sms, da me medesima inviatole tre giorni prima, alle ore 05:50 del mattino ho dedotto che la pupa, in barba al nome, non è propriamente angelica. Non vedo l’ora di vederla, nel weekend andrò a vedere come vanno le cose e mi prefiggo il compito di scattare qualche foto alla primogenita Bigagnoli-Piccoli da allegarti.
Stasera è venuto Marzio, dopo due mesi che rimando, ero troppo inchiodata per desistere. Aveva un arfio da cane coprofago, però abbiamo parlato molto e con la sua psicologia a buon mercato mi dice sempre quello che vorrei sentirmi dire; in fondo gli dò sedici euro per farmi i complimenti, per sentirmi dire che sono una tipa in gamba, che sto facendo le scelte giuste etc etc. E se pensi che te lo dice un estraneo (probabilmente squilibrato) che intanto ti massaggia le orecchie o il viso, allora ti irrigidisci un po’, ma basta non fare mente locale, io mi lascio galleggiare in assenza di pensieri e mi fa bene farmi fare le coccole da chiunque sia capace di farmele. Fa così strano che ci sia qualcuno che ti tocca, che ti accarezza e che ti commisera? Boh. Comunque sto davvero molto meglio, e questa è l’unica cosa che mi serve.
Scrivo in più riprese, forse sto tornando in carreggiata.
Oggi avevo l’estro culinario e ho girato mezza veronetta in cerca degli ingredienti per fare il lesso con la pearà. Ero in via scrimiari e mi è veuto in mente quella volta quando ero appena accasata in via san Francesco e ti ho chiesto dove potevo andare per far la spesa. Mi ricordo che stavamo camminando, tu ipotizzavi quale fosse casa di Renato, ed hai iniziato ad elencarmi tutte le botteghette; qua ci sono Le Cose Buone Di Antonio; là c’è la polleria; lì c’è schlecker; poi là c’è il minimarket caro impestato; poi… adoro i latticini dell’in’s; poi… le bionde in via campofiore, se proprio… Eri un vademecum. Io ero atterrita. Non avevo considerato il problema. Io sono una da ipermercato. Da spesa settimanale, pure quindicinale: da carrello pieno, non da sportina di pezza. Comunque oggi ho fatto la spesa proprio come le vecchiette. Due patate, due carote, una bella cipolla… Forse il macellaio mi ha tirato la biffa. Sono andata da quello vicino la posta, in piazza isolo. Il macellaio frustrato che vende tutto tranne la carne. Dovevo andare in via venti, quello lì non mi convince, la carne sarà dura come cotica…
Rieccomi. Anche le caldarroste ho fatto! Sto scoppiando. Il lesso era fantastico, Sessa voleva che gli versassi una mestolata di pearà bollente in testa, per l’entusiasmo, voleva rotolarcisi dentro. Mentre mangiavamo faceva il veronese grezzo, della bassa, che snocciola copiose bestemmie per esprimere la sua gioia più sincera. Poi è scappato al corso di fotografia e io mi sono imbogonata col plaid e le ciabatte. Essendo venerdì sera i più escono, io causa satollezza ho già una certa sonnolenza, e poi fa freddo. Sto bene in casa.
Darò un’occhiata a qualche libro che ho preso per vedere se trovo notizie che mi possano servire… La tesi non decolla. Non so cosa sto facendo, raccolgo tutto quello che trovo, ma le informazioni sono pochissime. Su Lazise c’è molto, su Colà zero. Dopo un mese che ho chiesto la tesi, torno dalla prof con lo stesso materiale di prima. Ho organizzato le idee e messo per iscritto le poche cose che ho trovato, ma non mi pare sia roba da tesi in storia dell’architettura. Più che altro è una brevissima cronologia. Non so. Non c’entra niente. Sono un po’ confusa…
Ieri sera, come ti ho scritto, ero al maschile perché c’era una festa. La festa rionale per San Carlo, o qualcosa del genere. Su e giù per le scale (la cucina è al piano di sotto, il buffet era in refettorio) incontro un gruppetto di preti, vecchiotti e vecchiotte (regolamentari: con la messa in piega e la tinta bianco-azzurrina e la collana di perle ingiallite) e fra loro uno in tonaca col coppolino scarlatto. Ci elo quel là? Chiedo io alla cuoca. Lei mi sorride sorniona: Ma come ci elo! El novo vescovo! Questo sale la rampa di scale in direzione del mangiare, seguito dalla sua delegazione di ottuagenari e, tutto sorrisi ed elogi, ci ringrazia per il nostro lavoro. Io sfodero il mio sorriso da chierichetta e gli stringo la mano (dovevo baciargli qualcosa? L’anello? O è il Papa quello? Boh...) dicendo qualcosa di sicuramente poco sensato. Poi è successo che Andrea, il boscaiolo rubicondo che in disparte supervisionava imbarazzato l’evolversi del banchetto, mentre un coro di vecchiotte con la pancera cantava non so cosa, ha soccorso una vecchiotta che con una vite sporgente da sotto la sedia si è ferita una mano, grondando sangue sul pavimento. Sceso nelle cucine a raccontarci l’accaduto in cerca di un cerotto, ha considerato il fatto che nel caso la signora fosse morta fulmineamente di tetano era tuttavia molto fortunata perché avrebbe ricevuto l’estrema unzione direttamente dal vescovo novo.
Mentre ti scrivo ascolto Autoditacker, Mouse on Mars. Fa un po’ videogioco anni ottanta, immagino un personaggio su una macchina cabrio color pastello effetto che guida in un paesaggio improbabile, il tutto composto da figure geometriche solide semplici, gommose: gli alberi sono coni o sfere, le case sono cubi sormontati da un tetto a piramide, proprio come quelli delle fattorie olandesi. La macchina sobbalza a ritmo, procendendo lentamente in salita e discesa, curve a spirale e ponti levatoi, ogni meccanismo si aziona con un tempismo perfetto e il personaggio, tipo uno scoiattolo vestito da taglialegna, o un cane coi guanti e gli occhialini da pilota, riesce sempre a schivare gli ostacoli e prosegue a ritmo di mouse on mars.
Come vanno le tue lezioni? E’ davvero così avanti come pensavi l’università olandese? Stai trovando quello che avresti voluto trovare, in generale, in questi mesi da erasmussina?

Questo lo aggiungo adesso. Adesso che incollo la mia lettera al blog. Lo so. Sono una culona, ti avevo promesso una lettera vera, col francobollo, di carta e inchiostro, che rigiri, annusi, metti fra le pagine di un libro. Questa è una biffa. Ma ho una scatoletta che tardo a chiudere perchè ogni tanto mi salta fuori una cazzata e l'aggiungo. Devo risolvermi e spedirtela, ma mi pare manchi qualcosa, quel tocco... Non so.
Intanto ti tocca accontentarti di questa. Avrei potuto mandartela via mail ma tanto qui ci siamo solo io e te, è diventato un cassetto impolverato, questo blog. Ci si dimenticano dentro cose che quando le ritrovi ti commuovono un po'.

Bacini puzzini,
la Robi.