27 ottobre 2006

Mauro Fiorese

Malghesi doc

Di recente i giovedì sera sono semi-domestici. Cucino io, poi, intanto che sale il caffè ci fumiamo una cicca e iniziamo a divagare. Di solito politica, connessa con la ristretta varietà antropologica del maschio camuno. Le linee essenziali di classificazione della specie umana di genere maschile: lunghe disquisizioni in cui ho imparato come distinguere i gabber dai warriors. E altre faccende così.
La Vale non ha ancora vent'anni e mi racconta le saghe della sua zona, i tre bar e i branchi di muratori, con la macchina truccata con sotto i neon blu, con tatuato Milan sull'avambraccio a caratteri gotici e sempre con qualche cosa di illegale in tasca.
La Vale c'ha i suoi scazzi, si sente che per certi aspetti è cresciuta in fretta, anche se poi fa scivoloni clamorosi dietro a ragazzi stronzi.
Ha messo la testa fuori dalla sua valle e forse proprio questo la salverà dall'uniformarsi alla gente di cui mi parla, sorridendo per le mie espressioni sbigottite e/o scandalizzate.
Ma alla fine non siamo poi tanto diverse, abbamo fatto un percorso simile. Manowar a parte, e Metallica, e Ironmaiden... Invece le ho fatto sentire Slow Cheetah, le ho raccontato dei pomeriggi sul lago, della storia della mia fuga notturna a Bergamo alta, di come sia molto meglio stare con una persona che ti rispetta e ti stima... Sembrava aver capito, ma già dopo un'ora nervosamente rigirava tra le mani il suo cellulare. Vabbè.
Poi le ho fatto vedere le foto di Pitri e le ho raccontato di me. E lei mi ha spiegato esattamente la faccenda dei piercing sul pene. Io le ho descritto l'effetto dell'lsd ("ma non provare!") e lei mi ha parlato della sua religione panteista. Il tutto smangiuzzando nutella, thè alla menta, sfumacchiando una notevole quantità di winston blu, rispondendo con la manina ai saluti di chi si affacciava alla finestra della Frinzi, ascoltando mp3 di metallari svedesi.
Ecco. L'unica cosa che non sopporto di lei è la sua tazza che suona, quella è troppo. Ogni volta che apro il pensile della cucina parte la musichetta cretina della lambada...

25 ottobre 2006

Macchie solari ed altri fatti

Ancora lui. Deve assolutamente voler dire qualcosa. Lo incontro sempre. Chissà se lui si rende conto che i nostri percorsi si incrociano così di frequente. Di nuovo, ieri, in stazione. Stesso copione di sempre, appena annunciano il treno, lui se ne va. Davvero, non capisco.

Poco fa ero a lezione, con le orecchie assorbivo la concezione copernicana del cosmo e altre palle varie, con gli occhi ero immersa nel verde dorato del giardino, cosparso di zaini colorati e di fogli bianchi, di ragazze sedute sulla copia odierna di metro o di city con mezzo culo di fuori e di ragazzi stravaccati direttamente sull'erba. Le foglie stanno velocemente ingiallendo ma fa ancora caldo.
Un tipo, maglione blu e camicia bianca, stava sul prato sdraiato di fianco, mani giunte sotto la guancia, a sonnecchiare al sole in posizione fetale, come fosse stato nel suo letto. Sul vialetto scorrevano profi con le valigette in pelle e studenti con le tracolle eastpack e lui imperterrito si raggomitolava al calduccio pomeridiano. Lo fissavo, invidiandolo quasi. Avrei voluto imitarlo, raggiungerlo per sentire il sole che scalda attraverso lo strato di tessuto scuro dei vestiti. Invece è arrivata una ragazza mora con la codina, che si è seduta, schiena drittissima, accanto al poltrone e si è accesa una sigaretta. Lui non ha fatto una piega, non si è mosso. Soltanto un bel po' dopo, già eravamo arrivati a Galileo e alle macchie solari, il tipo si è sollevato appena, con il gomito piegato e la mano a reggere la testa. Dopo qualche minuto si è alzato, faticosamente, e si è sgranchito le gambe andando fino al bar della mensa per poi tornare con una bottiglia di birra. Si è seduto come lei, simmetricamente di tre quarti, a gambe incrociate e hanno assieme banchettato a birra e tabacco, mentre si allungavano le ombre.
E' stata una lezione piacevole, è volata.

24 ottobre 2006

Viva la Biga

E' l'autunno. I vapori nebbiosi che salgono la sera. I piedi freddi nel letto. I vetri appannati...

A quanto pare si ritorna alle targhe alterne, all'idea primigenia del dualismo sfalsato asfaltato. Eli, restiamo tu ed io qui? Paradossalmente ti leggo più nel profondo fra queste righe di quanto non riesca a farlo nei tuoi occhi. Non ho nemmeno più il tempo per ragionare di chimere con te, delle crisalidi vuote e dei nidi di ragno negli anfratti del cuore.

Dormirei tutto il tempo che avanzo, tra una notte insonne e l'altra. Alterno anche le sigarette, per pigrizia. Quando rientro a casa - non qui, qui non mi sento più a casa, mi sento provvisoria e temporanea - è talmente tardi che non c'è più nessuno in giro, i nottambuli sono già rincasati ed è appena prima che escano i primi temerari mattinieri. E Verona è bellissima, come una piacente signora borghese fresca di parrucchiera, addormentata supina per non spettinarsi la messa in piega. Nemmeno un gatto, niente. Solo il tintinnare del mio mazzo di chiavi in tasca. Mi sento un po' come la donna della parete, della Haushofer. Anche quel libro, Eli, con quegli inverni interminabili, mette malinconia...

Oggi sfrecciavo in macchina vicino la stazione e mi sono fermata per far passare i pedoni: mi ha attraversato la strada, col suo deambulare incerto e traballante, quel tizio strano, col suo ombrello variopinto, vestito come al solito e con il suo sguardo stralunato. Possibile incontrarlo così spesso? Cosa può voler dire? Sono davvero perplessa.

Sabato nel tardo pomeriggio, ero su ponte navi, mi sono fermata a bocca aperta a guardare in su, sopra i tetti di veronetta: uno stormo immenso di uccelli disegnava figure multiformi in cielo, come un gigantesco sciame di insetti impazziti. Ho pensato dovesse significare qualcosa. Qualcosa che molti umani osservavano sbigottiti, senza capire.

Bene.
E' arrivato il 24 ottobre, e la nostra beniamina compie 27 anni. Forse leggerà in ritardo questo pensiero, certamente itererò gli auguri domani, con altri mezzi, ma qui lascio scritto un post-it anche per questo, per le ricorrenze ritrovate.
Ti voglio bene, Alessandra.

23 ottobre 2006

il diavolo NON veste prada

è devastante scoprire quanto tutto possa risultarci diverso a distanza di tempo, sensazioni, emozioni.
le cose, le persone, persino gli animali, non smettono mai di svelarsi. non è un "rivelarsi" ma uno "svelarsi". perchè per me, nella mia testa e nel mio proprio vocabolario, qualcosa che si rivela toglie un solo velo e lascia scoperta la faccia ultima, non perette altre maschere. invece lo "svelarsi" non è necessariamente definitivo, ma può presupporre un processo dinamico.
queste sono solo teghe etimologiche che con un pesante vocabolario italiano chiunque potrebbe smontarmi.
rimangono solo mie le parole lette -e quelle finalmente scritte-; rimangono solo mie anche le sensazioni impossibili da spiegare a uomo non nudo; solo miei, ancora, i sentimenti, già più facili da classificare perchè l'uomo non nudo distigue in poche brevi categorie, rese inutili dalla gamma di sfumature che sono infine l'essenza stessa degli stessi.

quello che è stato per me il corpo di un adone, ora non è altro che il fetido involucro vecchio e cadente di una crisalide affatto cristallina che l'età ha reso insensibile e "anaffettiva".
il cinismo disperato da inettettuale infelice che scrive quattro boiate comunissime che tutti sentono dentro ma solo lui le sa raccontare così si è finalmente rivelato comune cinismo da insoddisfatto della vita che si sente pure fallito.
le donne, la "fila di vergini" che aspettava alla sua soglia senza che lui le lasciasse mai entrare, sono diventate una coda di impiegate alle casse dei grandi magazzini di milano degli anni '60, ovvero le nostre commesse trentenni che si spendono lo stipendio nei negozi griffati per cercare gli uomini nei locali alla moda.
la bionda che lo faceva sentire un grande amatore o l'ha mollato o non gliela da più, mentre il suo grande amore di un tempo (lasciato per una sgualdrina qualsiasi) si gode la sua -a detta di lui: infelice- vita matrimoniale...

non so che altro dire. un migliaio di aneddoti potrebbero svelarmi tutto ciò che di lui non ho mai voluto vedere, ciò che di lui non ho mai voluto svelare.
cerco, con sguardo trionfale, tutte le pecche le pezze le patacche...
poi mi ritrovo ad uno specchio e vedo solo due occhi vuoti davvero, che sfogano soltanto, come quando si ha la febbre, astratti furori inconoscibili al misero mucchietto di neuroni umani.
allora non so che fare.
vorrei che quegli occhi vuoti e dolorosi, un poco anche addolorati per non avere veduto prima e per ciò che si vede ora, si chiudessero e ascoltassero in silenzio le sensazioni e l'amore..
ma gridano forte, spaccano i vetri con acuti stellari, proprio quelle sensazioni, quei ricordi, i ricordi delle sensazioni e delle situazioni...

una passeggiata sulla banchina di una stazione avvolta di nebbia e che puzza di carburante, una canzone che si rifiuta di caricare sul lettore...

e se così ci si avvicina agli aneddoti, ma non ci si piega con soddisfazione a trovar magagne, ancor peggio, così si sente il dolore quasi cosmico che si è provato prima e si sa si riproverà...
tutto qua.

20 ottobre 2006

Mann

In una piazzetta silenziosa - uno di quegli angoli che, nel cuore di Venezia, sembrano immersi in uno smemorato incantesimo - si sedette sul gradino di un pozzo e, mentre si asciugava la fronte madida, capì che doveva partire.

L'abbraccio di Verona al Papa



(Cattelan, ancora lui.)

16 ottobre 2006

15 ottobre 2006

WTC


Art Spiegelman.

14 ottobre 2006

mojto dreams


ho sognato di lui stamattina, adesso, prima di svegliarmi.
era sempre lui, fisicamente uguale all'ultima volta che l'ho toccato -lo so perchè cerco sempre di immaginarmi come sia adesso. ha raccontato di essere diverso-.

fumava sigarette fatte su
(e ho avuto un flash di altre dita che chiudevano bene dopo aver leccato. altre dita, però. non ho veduto le sue mani stanotte.)
che non gli ho nè visto fare, nè visto portarsi alle labbra.

nemmeno le sue labbra ho veduto. di lui ricordo l'ombra, la stessa: i capelli e la schiena. e ricordo la sensazione del cotone della camicia tirata sul suo torace tra il suo cuore e la mia guancia-orecchio.

beveva quel che bevono gli uomini duri del far west (lui che alla gabbia ordinava un succo e un cocktail. l'alcolico lo porgevano sempre a lui, ma lo prendeva Lei).

credo che facemmo l'amore sul prato del giardino (era un prato di giardino, non un giardino e non un prato) illuminato di giallo del locale un po' chill out un po' saloon.

avevo la sensazione che gracidassero le rane.

eravamo in una posizione strana. la mia mente è riuscita a rimandare nitidamente al mio corpo una sensazione statica e la dolcezza senza emozioni di quell'attimo in cui ci si fissa ad occhi aperti e ci si rende conto di essere lì con l'altro e si sente che lo si voleva.

si è bagnato il fondo dei pantaloni nell'acqua che non avevo visto scorrere nascosta sotto il trifoglio.
questo deve aver spazzolato via la magia anche nel sogno, incanalando me nelle pare del m'ama-non-m'ama e lui nell'incubo costante della fedifraghia...

dev'essere stato l'aborto di mojto di ieri sera.
erano mesi che componendo i dolci il profumo della mentuccia mi faceva ricordare un mojto (vorrei sottolineare che bevo avidamente mojto da quando l'ho bevuto la prima volta col club al lago) ed erano mesi che rompevo le scatole coi miei racconti a Gigi, il cuoco.
allora mi ha comperato il lime ancora un paio di settimane fa.
ieri sera mi ha minacciata: "stasera no te vé via se no te fèmo el mojto! .. dai che pestèmo!"
solo che non siamo capaci ed è uscita un "pisarott" degno della pozione polisucco di harry...

13 ottobre 2006

maurizio cattelan

mosaico 2

Un pomeriggio cammino verso il lavoro per corso porta nuova e finisco in un imbuto di gente ferma. Immagino i soliti giapponesi che fotografano le vetrine, ma non siamo in via mazzini e non ci sono nanerottoli nipponici. Tutti guardano ad una vecchia alfaromeo grigia parcheggiatata in divieto di sosta, c'è proprio la ressa di gente attorno. Faccio per defilarmi, sperando che non sia un incidente o qualcuno che sta male, e sperando sia di non vedere niente, sia, mio malgrado, di riuscire a vedere qualcosa... Insolla, alla fine di quei due secondi di titubanza, guardo. E sorrido. Rido.
C'è un pastore tedesco, enorme, tranquillamente acciambellato sopra al tetto, ormai convesso dell'auto. Così.
Socchiude gli occhi per nulla infastidito dalle decine di persone che lo guardano meravigliate e poggia il muso sulle zampe anteriori, continuando a poltrire al sole.

mosaico 1

C'è un tipo che ho beccato più volte in stazione, un tipo assurdo.
Veste sempre con un paio di jeans e una maglietta bianca; è magrissimo, i vestiti gli stanno addosso come su una gruccia e svolazzano, è davvero magrissimo.
Cammina in modo strano, curvo, con le braccia ritratte e le gambe pure rattrappite, chiuso, irrigidito, anche se non è affatto vecchio. Ha la testa calva e si vede come alla fine della nuca il collo fragilisimo si sforzi di sostenere il peso del cranio, con due tendini che sporgono, come in certi disegni anatomici di Leonardo.
Questo tizio aspetta, ripetendo gesti e movimenti incongrui (come disfare e ripiegare accuratamente la giacca di jeans che tiene sempre sul braccio, o, in un caso, sbattere energicamente l'ombrello, come per liberarlo dalla pioggia intrappolata fra le pieghe, ma farlo ogni due minuti e senza che piova) sul marciapiede del mio treno però ogni qualvolta il treno in questione viene annunciato, dopo aver aspettato per un quarto d'ora, lui si incammina goffamente verso l'uscita.
Comunque il treno prima o poi lo prende, perchè mi è capitato di rivederlo in diversi punti della città, ad orari diversi, camminare in quel suo modo concitato ma difficoltoso, per andare chissà dove.
La prima cosa che ho pensato è che nonostante tutto il mondo è davvero piccolissimo.
La seconda è stata chiedermi come posso apparire io ai suoi occhi, che immobile ed apatica, scruto gli altri magari con occhi preoccupati o perplessi.

Rieccomi.

Ho uno zaino di aneddotica metropolitana. Da dove iniziare?

Dalla compagnia londinese alloggiata all'hotel siena, che venerdì notte ci ha intrattenute a furia di canzoni popolari dalle liriche oscure ("...I want to lick your vulva...") e balli dionisiaci attorno al tavolaccio della birreria, costellato di boccali vuoti...

Dalle calde lacrime che mi scendevano copiose, seduta in stazione spettinata ed insciarpata ad aspettare il treno, con la febbre e un raffreddore cosmico...

Dalla nuova corrispondenza con Martin, intermediata da pazienti traduttori dell'idioma germanico, e da questa nuova missione di vita... (ah! ho una nuova mail da tradurre...)

Dal tipo del furgone wolkswagen, al quale dedicherò un post speciale...

Dal terzo e spettacolare incontro con le mie coinquiline, al quale pure dedicherò debito spazio...

Dal signor Mann Thomas, che mi fa compagnia nottetempo. Dovrò incollare qui qualche frase significativa...

Da tutti i piccoli infinitesimali episodi che formano il mosaico del mio mese e mezzo qui, e di come non riesco più a dormire in un letto ad una piazza...

Dalla 'veste dei fantasmi del passato' e dai film che non ho tempo di vedere, dai libri che non trovo e dal mio ripiano di frigo vuoto...

Ora ci penso.

12 ottobre 2006

il Bianconiglio

E' tardi, non ho tempo... ho un sacco di cose da raccontare... ma non ho tempo... scappo, è tardissimooo...

05 ottobre 2006

il Verona

Incursione notturna in redazione, partitina a ping pong, coca-cola e tante sigarette.
Per stanotte non è morto ammazzato nessuno, non sono caduti aerei, non sono esplosi pacchi bomba, non si è scoperto nessun traffico di organi. La partita di pallone fra le scrivanie è finita 11 a 8. Sparecchiamo i cartoni delle pizze e andiamo a veronetta per un bombolone caldo. Buonanotte, Verona.

03 ottobre 2006

Solo tre bicchieri...

E'stato bello vedere tutti i miei amici, stanchi ma sorridenti, seduti attorno alla tavola apparecchiata della Bagi. C'era una bella luce, una bella musica (scelta da me) e noi fanciulle eravamo intenerite dalla visione consecutiva di due film con Hugh Grant (della collezione della Bagi, ovvio...) dove tutti si innamorano, si abbracciano e si fanno gli auguri di natale, insomma un buonismo cosmico assoluto ci pervadeva. Mi è piaciuto proprio. Mi sento un po' raminga e ritrovarvi mi fa star bene, sapere che con voi non si perde mai il filo del discorso.
Poi volevo mettere per iscritto la tesi di Nikola, sulle proprietà dissociative ed associative del vino: una bottiglia di vino (meglio se rosso e corposo) ti dissocia internamente dalla componente negativa della tua personalità, mentre contemporaneamente ti associa all'esterno, cioè ti permette di socializzare...
Lunedì sera a Bardolino è stata interessante la sperimentazione. Come sto dicendo in tempo reale al teorico, ho fatto ritorno a casa guidando ai 40 km/h, ascoltando Linus e Elio e Tanica e Mangoni, ridendo da sola fino alle lacrime; e ho affrontato le scale di casa strisciando lateralmente lungo il muro, ridendo di me; e mi sono addomentata cullata dalle onde dell'oceano, che sospingeva dolcemente la zattera di fortuna sulla quale sono naufragata...

01 ottobre 2006

waiting for 15 OTTOBRE

meno 14 giorni all'evento OMBRA LONGA...
tentiamo un gemellaggio col moroso "fiol" di un'ex compagna di liceo...
risultato? magliette con logo e nome.
non riesco a caricare il disegno...
noi (gli affigliati) ci stampiamo un "GET A GOTO" sulla schiena, alla salute del nostro blog abortito.

intanto ieri sera un'uscita degna del blog a osterie del bassanese: scovata una sul lungo brenta.. eccezionale!

conclusione di serata (magari: è stata un'infinita stancantissima nottata) in uno dei locali gayconvenzinati di giacomo: albergo a quatto stelle a quell'incrocio dell'indecisione tra bassano e la gabbia venendo da casa mia.

succo d'arancia e amaretto di saronno.
scarpe zozze perchè sì tagliano il prato, ma 'sti stronzi non raccolgono l'erba tra le fontane spettacolari, i lampioni a forma di 7, il vialetto d'ulivi e le colonne mozze illuminate da faretti nascosti tra le erbe aromatiche...